Una volta preso il treno, bisognerebbe anche pensare alla coincidenza. Anzi, le coincidenze: questa città ne è piena.
Credo di averla persa comunque – sono rimasta qui, sospesa nell’aria,
grigia, vuota e traslucente.
La città si è chiusa intorno a me: ormai sono a casa. Ma qui il mare continua nell’aria – a volte non se ne distingue neanche – e per l’umidità mi pesano le ali.
Ero al porto quel giorno, tra tutti quei ritmi e colori. Mi sentivo invisibile – quindi ho deciso di sparire dal tutto.
Poi non mi sono ritrovata neanch’io; quella notte non riuscivo nemmeno a sognare. Non mi guardare così, ogni tanto capita. Sono tessuti ben complicati, le stoffe di sogno; fossero semplici si romperebbero sulla prima realtà un po’ angolare.
Ma quel giorno non riuscivo a sognare nè il più leggero e modesto dei sogni.
Specchiata, di nuovo, a mille frammenti
– grigia, vuota, traslucente –, stavo
guardando, gli occhi fissi, invidenti,
mentre che nel cielo giravano le stelle.