Tra i miei viaggi da sognatrice mi è capitato uno a vela. All’imbarco ho spento ogni corrente di tempo che non fosse definito dal Sole – e finalmente ho avuto l’opportunità (ed il piacere) di sognare per me stessa. Sono venuti un po’spettinati, di colori troppo iridescenti, fatti da quelle distanze – e vicinanze – frammentate che mi portava dietro il vento, mai definite da tempi o spazi ma con l’importanza di quello che era successo.
Sono ancora malata di terra.
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Le parole erano quelle di sempre. Il movimento no. E ad un certo punto non si sapeva più di chi fosse quel ritmo.
Se non hai mai osservato quel momento cinque minuti prima della tempesta
– quando arriva il vento ma ancora sembra indeciso se attaccare; quando già non si vede il sole, ma da sotto quelle nuvole scure e pesanti esce una luce penetrante che svela tutta la bellezza agitata delle città più grigie e noiose –
Se non l’hai mai osservato, non capirai questa febbre strana
questa stanchezza che mi manda a fare altri ed ancora altri giri nei vicoli
quest’aspettativa impaurita che apre migliaia d’opportunità – ed impedisce che nulla succeda
questo sogno per cui non mi posso addormentare.
Questa febbre strana che è come se avessi quella luce – di prima della tempesta – inchiusa in me
come se essa radiasse attraverso la mia pelle ormai bruciata fin essere trasparente.
Scambiare i nostri ritmi così non sarebbe una cosa tanto lieve.